Criteri ambientali minimi (CAM): l’omissione nel bando comporta l’annullamento della gara
Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 8 ottobre 2025, n. 7898
Il Consiglio di Stato ha ribadito un principio destinato ad avere un impatto profondo sulla gestione delle gare pubbliche: la mancata inclusione dei criteri ambientali minimi (CAM) negli atti di gara rende illegittima l’intera procedura.
Non si tratta di un’irregolarità sanabile o formale, ma di un vizio sostanziale che incide sulla legittimità della lex specialis e comporta l’annullamento dell’aggiudicazione e l’inefficacia del contratto d’appalto.
Il caso: la gara dell’Azienda dei Colli
La vicenda nasce da una procedura indetta dall’Azienda Ospedaliera dei Colli per l’affidamento del servizio di conduzione e manutenzione degli impianti tecnologici.
L’appalto era stato aggiudicato a Getec Italia S.p.A., ma la seconda classificata, Siram S.p.A., aveva impugnato l’esito della gara sostenendo che la documentazione di gara non conteneva i CAM stabiliti dal Ministero dell’Ambiente per la categoria di servizi in questione.
Il TAR Campania aveva respinto il ricorso, ritenendo che la mancanza potesse considerarsi superata dal comportamento della ricorrente, che aveva comunque presentato un’offerta coerente con i criteri ambientali.
Secondo il primo giudice, l’applicazione dei principi di risultato e fiducia reciproca introdotti dal nuovo Codice dei contratti pubblici (d.lgs. 36/2023) consentiva di considerare sanato il difetto formale.
Il Consiglio di Stato: un vizio non sanabile
La Terza Sezione del Consiglio di Stato ha riformato integralmente la sentenza di primo grado, chiarendo che l’obbligo di inserire i CAM negli atti di gara è inderogabile.
Tale obbligo discende dall’art. 57 del d.lgs. 36/2023, che impone alle stazioni appaltanti di integrare nelle gare le specifiche tecniche e le clausole contrattuali definite dai decreti ministeriali per ciascuna tipologia di appalto.
Secondo il Collegio, l’omissione di tali elementi non può essere compensata:
- né dal fatto che l’operatore economico abbia presentato un’offerta rispettosa dei CAM;
- né dal richiamo generico alla sostenibilità ambientale contenuto nel disciplinare;
- né dall’invocazione dei principi del risultato o della fiducia, che non possono trasformarsi in strumenti di “sanatoria” degli errori amministrativi.
Il giudice amministrativo afferma con chiarezza che il rispetto della normativa ambientale è onere esclusivo della stazione appaltante, non dei concorrenti.
Pertanto, una volta accertata la violazione, la gara non può proseguire né essere “salvata” da comportamenti virtuosi dei partecipanti.
Quando e come impugnare la mancanza dei CAM
La sentenza affronta anche il profilo processuale, confermando l’orientamento consolidato dell’Adunanza Plenaria n. 4/2018:
l’operatore economico può contestare l’assenza dei CAM impugnando l’aggiudicazione, non essendo tenuto a ricorrere subito contro il bando, salvo il caso in cui la lacuna renda impossibile formulare un’offerta.
Questa distinzione evita di gravare le imprese di un onere processuale sproporzionato e assicura coerenza con il principio costituzionale di effettività della tutela giurisdizionale.
Risultato e fiducia: principi che non giustificano scorciatoie
Il Consiglio di Stato dedica ampio spazio all’interpretazione dei nuovi principi del risultato e della fiducia, cardini del Codice 2023.
Entrambi, precisa la Corte, non possono legittimare un affidamento “a ogni costo”:
“L’affidamento e l’esecuzione del contratto devono essere funzionali al soddisfacimento degli interessi pubblici che la commessa mira a realizzare. Tra questi, la tutela dell’ambiente assume un rilievo primario.”
La fiducia e la buona fede, se correttamente intese, impongono collaborazione e trasparenza tra amministrazione e operatori economici, ma non spostano sugli operatori l’onere di colmare le carenze della stazione appaltante.
Attribuire un simile compito ai concorrenti significherebbe alterare l’equilibrio tra potere pubblico e iniziativa privata, oltre a comprimere il diritto di difesa.
Le conseguenze: annullamento dell’aggiudicazione e inefficacia del contratto
Alla luce di tali principi, il Consiglio di Stato ha accolto il ricorso di Siram, annullando l’aggiudicazione e dichiarando inefficace il contratto eventualmente stipulato nel frattempo.
Non avendo la ricorrente chiesto il subentro nel rapporto negoziale, nulla è stato statuito in proposito, fatto salvo quanto previsto dall’art. 124, comma 2, c.p.a., e la stazione appaltante e l’aggiudicataria sono state condannate al pagamento delle spese di giudizio.
Una decisione di sistema: i CAM come clausole obbligatorie
La sentenza si inserisce in un filone giurisprudenziale ormai solido, che valorizza i CAM come strumenti essenziali della sostenibilità negli appalti pubblici.
Il loro inserimento nella documentazione di gara non è una scelta discrezionale, ma un dovere giuridico funzionale all’attuazione dell’art. 9 della Costituzione, come riformato nel 2022, e alla concretizzazione del principio dello sviluppo sostenibile.
La pronuncia riafferma inoltre che i contratti pubblici non sono solo strumenti economici, ma anche leve di politica ambientale, e che la legalità amministrativa passa oggi anche dalla capacità di garantire la sostenibilità delle scelte pubbliche.
Si segnala il webinar Subappalto, revisione prezzi, incentivi tecnici e CAM dopo il Decreto Correttivo e il Decreto Infrastrutture in programma il prossimo 11 e 12 novembre
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