Equo compenso: problematiche operative e soluzioni attese
Il nuovo Codice dei contratti pubblici (D. Lgs. n. 36/2023), in attuazione di apposito principio di delega, ha previsto all’art. 8, comma 2, con riferimento alle “prestazioni d’opera intellettuale” di cui agli articoli 2229 e seguenti del Codice civile, il divieto di prestazione gratuita dell’attività professionale, salvo che in casi eccezionali e previa motivazione.
La novità normativa in parola, unitamente alla pressappoco coeva L. n. 49/2023 sull’equo compenso, ha inteso apprestare, indubbiamente, una cornice di maggiori garanzie relative ai trattamenti economici dei professionisti.
Tuttavia, non tutte le implicazioni dell’entrata in vigore di tali testi normativi risultano chiare e persistono criticità applicative e interpretative non trascurabili.
Innanzitutto, vi è un problema di mancato adeguamento degli importi delle tabelle ministeriali sui compensi, il cui impianto risale ormai a più di dieci anni fa, con il risultato che, ad oggi, l’unica professione ordinistica ad aver ricevuto un adeguamento dei propri parametri è quella degli avvocati.
Sussiste poi una questione di veri e propri “vuoti” all’interno dei servizi professionali presenti in tali tabelle, nel senso che talune prestazioni professionali rese da professionisti iscritti agli ordini, medio tempore sviluppatesi nella prassi e nella normativa e ormai ricorrenti nelle richieste del mercato (anche da parte della committenza pubblica), non sono da esse contemplate, il che rende estremamente difficoltoso individuare il riferimento di remunerazione più prossimo cui poterle ancorare.
Infine, è tutto da scrivere il capitolo dei parametri di compenso per le professioni non ordinistiche, che avrebbero dovuto trovare definizione in specifico decreto del MIMIT, da emanarsi entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del Codice dei contratti pubblici, ma che a tutt’oggi sono in fase di elaborazione.
Un dubbio non da poco sull’applicazione dell’equo compenso nei contratti pubblici è stato inoltre posto da ANAC, la quale si è interrogata sulla natura dell’ancoraggio dell’equo compenso ai parametri ministeriali, chiedendo alla Cabina di regia sull’applicazione del Codice se la L. n. 49/2023 sia da intendersi come reintroduttiva di parametri professionali minimi e, in caso affermativo, quale sia la riduzione massima ammissibile, su tali parametri, tale da non risultare lesiva dell’equo compenso.
Le varie incertezze che ancora accompagnano l’applicazione dell’equo compenso nella contrattualistica pubblica costituiranno oggetto di approfondimento, unitamente ad altre rilevanti questioni sulla remunerazione del lavoro negli appalti alla luce del nuovo Codice, nell’evento di Paradigma “I vincoli nella determinazione dei trattamenti economici del lavoro dipendente e professionale nei contratti pubblici”, in programma il 27 ottobre prossimo.