Rinegoziazione dei contratti eccessivamente onerosi per effetto della pandemia: previsione ad hoc per l’impresa in crisi
Tra le novità di maggiore rilevanza contenute nel D.L. 118/2021 in materia di crisi e risanamento d’impresa figura l’istituto della composizione negoziata della crisi, che prevede il coinvolgimento di un “esperto indipendente”.
Nell’ambito della prosecuzione delle attività dell’impresa che ha avuto accesso a tale nuovo istituto, particolare interesse sta suscitando la previsione dell’art. 10, comma 2 del D.L. 118, che recita testualmente:
“L’esperto può invitare le parti a rideterminare, secondo buona fede, il contenuto dei contratti ad esecuzione continuata o periodica ovvero ad esecuzione differita se la prestazione e’ divenuta eccessivamente onerosa per effetto della pandemia da SARS-CoV-2. In mancanza di accordo, su domanda dell’imprenditore, il tribunale, acquisito il parere dell’esperto e tenuto conto delle ragioni dell’altro contraente, puo’ rideterminare equamente le condizioni del contratto, per il periodo strettamente necessario e come misura indispensabile ad assicurare la continuita’ aziendale. Se accoglie la domanda il tribunale assicura l’equilibrio tra le prestazioni anche stabilendo la corresponsione di un indennizzo. Le disposizioni di cui al presente comma non si applicano alle prestazioni oggetto di contratti di lavoro dipendente”.
Si tratta, con tutta evidenza, dell’espressa previsione, in un ambito molto specifico (impresa in crisi che ha avuto accesso alla procedura di composizione negoziata della crisi) di una misura di possibile riduzione degli oneri derivanti da contratti stipulati ante pandemia, che rimanda a una loro rideterminazione “secondo buona fede” in via pattizia e, in subordine, ad una rideterminazione giudiziaria delle relative condizioni in termini di equità. L’una (rideterminazione in via pattizia) e l’altra (rideterminazione ad opera del giudice) espressioni della nozione costituzionalmente orientata, ormai invalsa, della buona fede quale regola di condotta da interpretarsi alla luce dell’art. 2 della Costituzione, ossia del principio di solidarietà sociale da esso ricavabile, alla luce del quale l’autonomia privata non è più considerabile soltanto quale valore a sé stante, ma quale mezzo per perseguire interessi delle parti che devono essere conformi ai valori di fondo cui si ispira l’ordinamento.
Da più parti era stata auspicata, nell’ultimo anno, l’introduzione con applicazione generalizzata di un siffatto rimedio, in conseguenza delle peculiarità della crisi pandemica, ma evidentemente il legislatore ha ritenuto non praticabile tale soluzione, probabilmente anche alla luce del fatto che la crisi non ha colpito in modo indifferenziato tutto e tutti, e dunque gli istituti codicistici sono parsi adeguati a fronteggiare anche il contesto economico ai tempi della pandemia, anche attraverso la loro necessaria lettura in termini costituzionalmente orientati, che consente già ordinariamente di pervenire ad esiti “non iniqui”, senza condurre aprioristicamente a fondare l’opportunità di un generalizzato “diritto alla rinegoziazione”.
Vedremo nei mesi a venire quale sarà la casistica applicativa offerta dalla disposizione in parola, che si auspica possa essere di particolare utilità nell’ottica di garantire la continuità aziendale.
Il tema costituirà oggetto, insieme alla composizione negoziata della crisi e a tutti gli altri istituti previsti dal D.L. n. 118/2021, di apposita trattazione nell’evento “Crisi di impresa e risanamento aziendale dopo il D.L. n. 118/2021” organizzato da Paradigma per il 6 ottobre prossimo.